Torna in primo piano una vicenda politica e umana di grande spessore grazie alla notizia che il governo spagnolo il 16 ottobre u.s., tramite il Ministro delle Politiche territoriali e della Memoria democratica, ha riconosciuto che il processo subito dal venticinquenne Salvador Puig Antich il 7 e l’8 gennaio 1974 era viziato da irregolarità e che la condanna a morte, avvenuta per garrote il 2 marzo 1974, era quindi ingiusta. Le sorelle del compagno, dopo ben cinquant’anni, hanno preso atto che lo Stato spagnolo considera Salvador una vittima del franchismo. Ripercorriamone la vicenda.
Salvador Puig Antich era un giovane libertario catalano, nato a Barcellona il 30 maggio del 1948 in una famiglia operaia. Già nell’adolescenza aveva mostrato insofferenza al clima soffocante del regime clerico-fascista allora imperante nella Spagna di Franco: espulso dal collegio cattolico di La Salle Bonavona era passato ai corsi serali dell’Istituto Maragall dove aveva incontrato alcuni militanti del Movimento Iberico di Liberazione (MIL). Questo era un gruppo formatosi tra i lavoratori emigrati e gli esiliati politici con una militanza iniziale nelle file dell’Eta e che poi, in forma autonoma, aveva aderito prima alle teorie e alla pratiche della guerriglia urbana per passare successivamente ad avere contatti permanenti con gli ambienti anarcosindacalisti e sindacalisti rivoluzionari di Barcellona. Il clima del 1968 si farà sentire anche in Spagna con la ripresa delle lotte operaie e studentesche: sarà allora che Salvador entrerà a far parte prima delle Commissions Obreres e poi, alla fine del 1971, del MIL prendendo parte alle azioni di esproprio condotte dal gruppo per finanziare attività editoriali e per sostenere le lotte, i lavoratori licenziati, repressi o disoccupati. Il gruppo fonda la rivista CIA (Cospirazione Anarchica Internazionale) e le Ediciones Mayo ’37 che daranno vita a numerosi testi di agitazione e di riflessione in distribuzione clandestina. L’attenzione all’attività editoriale sarà sempre molto alta da parte del MIL tanto che la prima azione di esproprio sarà condotta nei confronti di una tipografia che viene svuotata dei macchinari da stampa. La prima rapina vera e propria nei confronti di una banca viene compiuta nel settembre del 1972, non lontano dalla frontiera con la Francia, già luogo della guerriglia antifranchista degli anni ’50. I proventi vengono subito indirizzati all’edizione delle tesi politiche del gruppo, “Sobre la agitacion armada”. In tale opuscolo il MIL, che si autodefinisce ‘un’organizzazione non permanente’, critica in modo puntuale qualsiasi tendenza militarista che caratterizza i gruppi che praticano la lotta armata e che si pongono come avanguardia e, in quanto tale, sono di fatto estranei alla lotta di classe. Per il MIL le azioni armate d’esproprio non sono fine a se stesse e non si configurano come estranee al conflitto sociale, bensì ne sono totalmente interne, proprio per la loro funzione di difesa dagli attacchi della dittatura e di supporto finanziario alle lotte operaie, connotate da scioperi, arresti, licenziamenti, in un periodo di durissima repressione scatenata da un regime che giorno dopo giorno perde consenso nonostante i tentativi dell’Opus Dei di portare avanti una transizione politica in previsione della morte di Franco. Nella pubblicazione ‘Guerra di classe 1937 – Guerra di classe 1973’, vengono analizzate le analogie tra le posizioni del MIL e quelle di quanti, nel maggio del ’37 si erano opposti alla controrivoluzione staliniana, soprattutto i Comitati rivoluzionari della CNT e Los Amigos de Durruti. Un’affermazione risalta in questo lavoro: “A partire dai fatti di Barcellona 1937 ogni tentativo rivoluzionario che non sappia essere fedele a questa esperienza è condannato alla pura e semplice inesistenza”. Libertari, autogestionari, consiliaristi, federalisti, quelli del MIL non si limitarono a criticare e lottare contro Franco e il suo regime, né si fecero assorbire dalla resistenza catalana contro lo Stato centrale pur sviluppando in alcune occasioni delle collaborazioni con gruppi indipendentisti (come la OLLA – Organitzaciò de Lluita Armada). La loro posizione rivoluzionaria si sviluppò sempre più in direzione marcatamente antiriformista giungendo a definire partiti e sindacati ‘bastioni della controrivoluzione’ all’interno di una critica delle mistificazioni del capitalismo prodotte sia dallo Stato che dal Partito comunista e dai gruppuscoli avanguardisti.
L’azione più eclatante fu l’esproprio operato il 19 giugno 1973 contro il Banco Banesto con un bottino di 3.074.000 pesetas. Nella fuga, dall’auto vennero lanciati volantini di rivendicazione affermanti che il ricavato sarà destinato agli operai disoccupati. Ma il gruppo speciale anti-MIL messo in piedi dalla polizia cominciò presto a mettersi sulle loro tracce. La dimenticanza da parte di Salvador di una borsa contenente armi e documenti in un bar di Barcellona, la comparsa nel gruppo di un individuo ambiguo noto come ‘el legionario’ che sparì con 1.300.000 pesetas, segnarono la parte conclusiva della vicenda del MIL. Riparati a Tolosa in Francia i componenti del gruppo avvieranno una riflessione che porterà all’autoscioglimento del MIL come organizzazione politico militare separata, volendo esprimere con questo la critica al grupposcolarismo, alla specializzazione, in buona sostanza all’organizzazione specifica in quanto tale, anche anarchica, riprendendo e sviluppando le tesi già portate avanti dall’Internazionale situazionista, dai consiliaristi e dai commontisti. In questa luce appare significativo il richiamo finale ai Gruppi autonomi di lotta (GAC) individuati come ‘autentici organismi di azione rivoluzionaria, autonoma e autogestita’.
Ritornato a Barcellona nel settembre del 1973 Salvador Puig Antich non si integrò in alcuna formazione ma fu attivo nella difesa dei numerosi compagni arrestati ad opera del ‘Gruppo speciale di disarticolazione del MIL’. Le torture inflitte e le dure condizioni di carcerazione faranno sì che alcuni di loro si lascino ad andare a confessioni tali da coinvolgere altri militanti. Il cerchio intorno a Salvador si stringe e il 25 settembre, in un’operazione condotta da cinque agenti in borghese viene fermato. Trascinato in un portone, sottoposto ad un brutale pestaggio cerca di difendersi facendo fuoco con l’arma che porta con sé. Nella sparatoria muore un vice ispettore, colpito da cinque proiettili (ma i colpi sparati da Salvador furono solo quattro), mentre appare evidente la volontà degli sgherri di Franco di ucciderlo sparandogli subito dopo a distanza ravvicinata e colpendolo alla mandibola e alla spalla. Portato in ospedale in stato di commozione cerebrale in seguito alle botte ricevute viene poi trasferito nel famigerato carcere Modelo ove, il 26 novembre, verrà informato che contro di lui sono state richieste due condanne a morte. La solidarietà, nonostante il silenzio imposto dalla dittatura alla stampa costretta a pubblicare solo le veline della polizia, si manifesta immediatamente. Gli anarchici, gli anarcosindacalisti, gli indipendentisti catalani, le Comisiones Obreres (CCOO) si mobilitano. Persino esponenti progressisti della chiesa catalana si pronunciano in sua difesa. Migliaia di volantini vengono distribuiti, centinaia di manifesti sono affissi.
Intanto il 20 dicembre il capo del governo, l’ammiraglio Carrero Blanco, designato da Franco come suo successore, viene ucciso in un attentato organizzato dall’organizzazione separatista basca ETA. Se prima di allora si sperava che la condanna a morte venisse trasformata in una carcerazione, dopo questo evento la situazione di Salvador diventa drammatica.
Alcune bombe esplodono, la prima contro la convocazione del ‘Consiglio di guerra’ il 4 gennaio. L’8 gennaio inizia il processo che si concluderà rapidamente: 30 anni per la rapina al Banco Hispano-Americano e condanna a morte per l’uccisione del poliziotto. Subito partono richieste di commutazione della pena da parte di Facoltà universitarie, associazioni professionali, organismi di difesa dei diritti umani, persino parrocchie. La piazza si mobilita a Barcellona, a Terrassa, a Sabadell nei quartieri di insediamento storico del movimento anarchico, a Bilbao. Manifestano anche le CCOO, i gruppi studenteschi che sfilano con il bracciale nero in segno di lutto, indossato anche da centinaia di medici ed infermieri dell’ospedale cittadino. Ma non solo in Spagna si alzano le proteste contro questo delitto di Stato: a Parigi, Bruxelles, sono occupate sedi consolari. A Milano viene occupata la torre medievale di via Luini dai collettivi studenteschi anarchici, le vetrine dell’Iberia di via Larga vanno più volte in frantumi, i sit-in si susseguono davanti all’ufficio del turismo e del consolato.
Il primo marzo il Consiglio dei ministri, presieduto dal boia Franco, confermò la condanna a morte e il 2 marzo 1974 Salvador cessò di vivere in seguito alla rottura delle vertebre cervicali prodotte dal ‘garrote’, un dispositivo costituito da un anello di ferro fornito di puntale che viene stretto al collo del condannato. Appena circolata la notizia centinaia di persone si riversarono sulle Ramblas con striscioni e bandiere rosse e rosso-nere, la stessa cosa avvenne nei quartieri della cintura industriale di Barcellona. In fretta e furia il governo dispose la tumulazione della salma il giorno dopo senza cerimonie e quasi di nascosto; nonostante questo cinquecento persone si radunarono al cimitero di Montjuic portando fiori rossi. La repressione fu violenta: cariche a cavallo, bastonature, arresti si scatenarono contro i manifestanti in ogni dove. In seguito verranno espulsi dalle Università di Barcellona e di Valencia gran parte degli studenti e delle studentesse che avevano partecipato attivamente alle manifestazione del 4 marzo. Ma il regime sta esalando gli ultimi respiri: il 20 novembre del 1975 Francisco Franco muore e avrà inizio la fase di transizione; ma la ferita inflitta al corpo sociale proletario e catalano sanguinerà ancora per molti anni e Salvador Puig Antich rimarrà nella memoria collettiva. Ancora oggi, ogni 2 marzo, la sua lapide cimiteriale, la numero 2737, viene ricoperta di fiori.
Massimo Varengo